A pochi passi da piazza Farnese,
affacciato sulla piazzetta di Santa Caterina della Rota, si trova il
frequentatissimo Caffè Perù. Dall’esterno sembra un vecchio bar di quartiere,
ma entrando si rimane colpiti dall’eclettica varietà di stili, decorazioni e
inaspettati interventi artistici. Ne parla con noi, a nome dei soci che lo
gestiscono, Salvatore Salmeri.
Sandro Polo. Ci racconti qualcosa sul Caffè Perù?
Caffè Perù. Noi siamo qui dal 2012, solo da due anni. Questo era un bar di quartiere, della zona di
Campo dei Fiori, e lo è ancora, nonostante le modifiche fatte al locale e gli
sconvolgimenti sociali dell’area: in passato questo era un quartiere molto
popolare, mentre oggi è un quartiere borghese, ricco.
S.P. Ci risulta che il bar sia nato negli anni ‘30.
C.P. Esatto, ed ha sempre avuto una gestione familiare: prima
di noi erano titolari due signore, e prima ancora il loro padre. C’è stata una
continuità generazionale.
Quando siamo subentrati, molte
persone, cresciute con la vecchia gestione, si sono preoccupate che il locale
potesse cambiare radicalmente, e temevano che non fossimo in grado di gestirlo.
Ma questo non è successo, per fortuna.
S.P. Siete stati ben accolti?
C.P. Si, dalla maggior parte della gente sì.
S.P. Chi sono i nuovi titolari?
C.P. Siamo un gruppo di otto amici di diversa estrazione
sociale provenienti da ambiti diversi. Pur
non essendo del mestiere, abbiamo deciso di sperimentarci in una nuova attività, come può essere quella
di condurre un bar, molto particolare, situato in centro. In un certo senso
siamo stati anche noi un po’ artisti.
S.P. Avevate un progetto?
C.P. Ovviamente volevamo avere successo, ma non solo
economico, desideravamo dare continuità alla vecchia gestione, ma con la nostra
impronta. Un’impronta attenta al business ma anche all’arte.
L’idea era quella di dare una risposta alle esigenze dei vecchi clienti. Da quando siamo subentrati siamo riusciti ad essere benvoluti quasi all’unanimità dalla clientela, che comunque ci pregava di non rinnovare. Ma il posto doveva essere ristrutturato perché il locale era in condizioni disastrose. In parte era il suo fascino, ma in parte, ne eravamo certi, era la ragione per cui tanta gente non veniva. Era necessario un cambiamento, anche dal punto di vista igienico. Così decidemmo per un compromesso: anziché fare una ristrutturazione avremmo fatto un restauro. Per aprire un canale comunicativo con i clienti abbiamo pensato di fare una cosa abbastanza innovativa: non chiudere il bar durante i lavori, in modo che tutti potessero vedere quanto stava accadendo all’interno. Chi veniva ci comunicava il proprio punto di vista, le perplessità, i timori, venendo così a costruire un nuovo rapporto con noi. E’ stato rischioso perché temevamo che il Caffè non maturasse il gradimento che speravamo. Ma è andata bene.
L’idea era quella di dare una risposta alle esigenze dei vecchi clienti. Da quando siamo subentrati siamo riusciti ad essere benvoluti quasi all’unanimità dalla clientela, che comunque ci pregava di non rinnovare. Ma il posto doveva essere ristrutturato perché il locale era in condizioni disastrose. In parte era il suo fascino, ma in parte, ne eravamo certi, era la ragione per cui tanta gente non veniva. Era necessario un cambiamento, anche dal punto di vista igienico. Così decidemmo per un compromesso: anziché fare una ristrutturazione avremmo fatto un restauro. Per aprire un canale comunicativo con i clienti abbiamo pensato di fare una cosa abbastanza innovativa: non chiudere il bar durante i lavori, in modo che tutti potessero vedere quanto stava accadendo all’interno. Chi veniva ci comunicava il proprio punto di vista, le perplessità, i timori, venendo così a costruire un nuovo rapporto con noi. E’ stato rischioso perché temevamo che il Caffè non maturasse il gradimento che speravamo. Ma è andata bene.
S.P. Ci vuoi parlare dei lavori
eseguiti?
C.P. Abbiamo recuperato il vecchio bancone degli anni
’60, decorato con vetri e l’abbiamo
spostato contro la parete a destra entrando nel caffè, dove ora funziona
da mensola. Recuperarlo è stato molto dispendioso. L’originale stigliatura, la
struttura tecnico organizzativa alle spalle del bancone attuale, sempre degli
anni ’60, è rimasta invece al suo posto.
Rimuovendo il pavimento a terra
è emerso il marmittone degli anni ‘50, com’è volgarmente chiamato a Roma,
rovinato in più punti. Per recuperare le lacune abbiamo chiesto l’intervento di
Giancarlino Benedetti Corcos e di altri artisti del quartiere, i quali,
coordinati dal maestro Giancarlino, in piena autonomia, hanno realizzato delle
maioliche dipinte con soggetti vari da inserire nel pavimento e da applicare
sulle pareti del Caffè.
In questo
modo, il risultato del restauro non è stato più una nostra esclusiva ma è
divenuto il frutto di un contagio tra noi, la vita del quartiere, la creatività
degli artisti e ciò che riaffiorava dell’antico locale man mano che i lavori di
smantellamento procedevano.
S.P. Le lampade sono degli anni ‘60?
C.P. Queste lampade hanno come riferimento il simbolo del Punt
e Mes, e sono sempre degli anni ’60.
Il bagno in origine era un bagno
turco, ed era anche quello un’attrazione; abbiamo fatto in modo che continuasse
ad esserlo ma stavolta grazie all’intervento degli artisti.Tra
l’altro durante i lavori di restauro sono emerse le travi a vista dell’antico
solaio e un mosaico degli anni ’30.
S.P. Sono tutti artisti del quartiere quelli impegnati nel bar?
C.P. Quasi tutti.
C.P. Quasi tutti.
S.P. E’ cambiata la clientela dopo i lavori?
C.P. Prima la politica commerciale del locale era basata
esclusivamente sui prezzi bassi. Noi non abbiamo aumentato i prezzi ma abbiamo
sostituito molti prodotti, offerto un servizio diverso e aperto ad iniziative
culturali di vario genere. Questo ha fatto si che alcune persone si siano
allontanate ma nuovi clienti hanno preso a frequentare il bar.
S.P. Avete avviato anche un’attività espositiva?
C.P. Si, c’è una galleria che offriamo gratuitamente agli
artisti, che spesso sono nostri clienti. A partire da Natale prossimo ci
piacerebbe poter creare nella piazza davanti al locale un’isola pedonale,
stiamo prendendo contatti con le associazioni dei commercianti. Certo, non è
possibile fare tutto insieme ma ci sentiamo motivati. E a questo punto possiamo
dire che l’esperimento stia riuscendo. Vorremmo in futuro fare teatro, cinema
all’aperto. Qui vicino c’è Campo dei Fiori, che è una piazza laica sotto tutti
i punti di vista. Ci sono tanti giovani, situazioni molo varie, alcune
complicate, ci piacerebbe davvero dare un’impronta
diversa!
Intervista
di Sandro Polo
Foto di Fabrizio Pietrini